Ricorso per  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  (C.F.
97163520584),  in  persona  del  Presidente  pro  tempore,  ex   lege
rappresentata e difesa dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  (C.F.
80224030587) presso i cui uffici domicilia ex lege in Roma - via  dei
Portoghesi      n.      12      -      fax      06-96514000,      pec
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it  nei   confronti   della   Regione
Liguria,  in  persona  del  Presidente  della  Giunta  regionale  pro
tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale  della
legge n. 5 del 19 aprile 2019 pubblicata nel BUR n. 5 del  26  aprile
2019 recante: «Norma di interpretazione autentica». 
    La  legge  della  Regione  Liguria  n.  5  del  19  aprile  2019,
pubblicata nel B.U.R n. 5 del  26  aprile  2019  recante:  «Norma  di
interpretazione   autentica»,   presenta   profili   d'illegittimita'
costituzionale,  in  relazione  ai  quali  si  formula  la   presente
impugnativa ex art. 127 Costituzione, deliberata  dal  Consiglio  dei
ministri in data 20 maggio 2019, rilevando quanto segue. 
    La legge regionale in oggetto reca una norma  di  interpretazione
autentica della lettera d) del  comma  2  dell'art.  29  della  legge
regionale 17 agosto 2006,  n.  25  (Disposizioni  sull'autonomia  del
Consiglio  regionale  assemblea  legislativa  della   Liguria),   che
presenta profili di incostituzionalita' in relazione agli aspetti che
di seguito vengono evidenziati. 
    L'art. 1 della legge regionale  19  aprile  2019,  n.  5  dispone
quanto segue: 
        «1. Alla lettera d) del comma  2  dell'art.  29  della  legge
regionale 17 agosto 2006,  n.  25  (Disposizioni  sull'autonomia  del
consiglio regionale assemblea legislativa della Liguria) e successive
modificazioni ed integrazioni, le parole: «sino alla data di  entrata
in vigore dell'apposito accordo collettivo nazionale quadro  relativo
alla costituzione del profilo  professionale  del  personale  addetto
alle  attivita'  di  informazione  e  comunicazione  delle  pubbliche
amministrazioni» si interpretano nel senso che  l'accordo  collettivo
nazionale quadro e' quello definito a seguito dell'apposita  sequenza
contrattuale di cui alla dichiarazione congiunta n.  8  al  Contratto
collettivo nazionale di lavoro (CCNL) funzioni locali del  21  maggio
2018.» 
    Tale norma individua l'accordo collettivo  nazionale  quadro  del
profilo  professionale  del  personale  addetto  alle  attivita'   di
informazione  e  comunicazione  delle  pubbliche  amministrazioni  in
quello definito a seguito  di  apposita  sequenza  contrattuale  come
descritto nella dichiarazione congiunta n. 8 del Contratto collettivo
nazionale funzioni locali del 21 maggio 2018. 
    Al riguardo si deve preliminarmente evidenziare che il  contenuto
della norma in esame e' in parte riproposto a seguito dei rilievi  di
illegittimita'  costituzionale  sollevati   avverso   la   precedente
previsione normativa di cui all'art.  30  della  legge  regionale  n.
29/2018,  successivamente  abrogato  dall'art.  1,  comma  1,   legge
regionale n. 4/2019. Il citato art. 30, comma 1, prevedeva una  norma
di interpretazione  autentica  di  contenuto  identico  a  quella  in
oggetto,  a  cui  tuttavia  si  aggiungeva  un  secondo  periodo  che
costituiva  il  piu'  puntuale  oggetto  di  contestazione   («Rimane
comunque  ferma  l'applicazione   dei   profili   professionali   dei
giornalisti previsti dal vigente Contratto  collettivo  nazionale  di
lavoro dei giornalisti, nonche' l'equivalente economico previsto  dal
medesimo Contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti per
i relativi profili nei confronti del personale assunto con  contratto
a tempo determinato anteriormente alla data del 21 maggio 2018.»). 
    La disposizione veniva in quella sede censurata a causa dei  suoi
contenuti di carattere innovativo piuttosto  che  di  interpretazione
autentica rispetto all'art. 29, comma 2, lettera d), legge  regionale
n. 25/2006, oltre che per il fatto che finiva per «cristallizzare  il
trattamento economico e giuridico applicabile al personale assunto in
data anteriore al 21 maggio 2018». In  tal  senso  si  richiamava  la
giurisprudenza della  Corte  costituzionale  per  chiarire  come  «il
rapporto di impiego  alle  dipendenze  di  regioni  ed  enti  locali,
essendo stato privatizzato in virtu' dell'art. 2 della legge  n.  421
del 1992, dell'art. 11, comma 4 della legge n. 59  del  1997,  e  dei
decreti legislativi emanati in attuazione di quelle leggi delega,  e'
retto dalla disciplina generale dei rapporti di tra  privati  ed  e',
percio', soggetto alle regole che garantiscono l'uniformita' di  tale
tipo di rapporti» (cosi' le sentenze n. 234 e 106 del  2005;  n.  282
del  2004).  Inoltre  si  indicava  il  principio  della  regolazione
mediante  contratti  collettivi   del   trattamento   economico   dei
dipendenti pubblici sancito dalla legge n. 421 del 1992 (sentenze  n.
308/2006 e 314/2003). 
    Dalle riferite premesse si deduceva il contrasto del primo  comma
dell'art. 30 della legge regionale n. 29 del 27 dicembre 2018 con gli
articoli 3 e 117, comma 2, lettera l) della Costituzione dal  momento
che per il personale assunto entro il 21  maggio  2018  provvedeva  a
specificare   il    trattamento    economico,    sottraendolo    alla
contrattazione   collettiva   e   affidandolo   all'intervento    del
legislatore,  cosi'  operando  un'impropria  azione   supplenza   nei
confronti della fonte cui l'ordinamento affidava la  regolamentazione
del  trattamento  economico  di  quella  particolare   categoria   di
lavoratori, che appunto non avrebbe dovuto  essere  affidata  ad  una
legge regionale. Tale disposizione e' stata impugnata  a  seguito  di
delibera assunta nella riunione del Consiglio  dei  ministri  del  27
febbraio 2019. 
    Cio' premesso, il contenuto della disposizione di cui all'art.  1
della legge regionale 19 aprile 2019, n. 5 ripropone parte del  testo
del primo comma dell'art. 3 della legge  regionale  del  27  dicembre
2018,  n.  29  cui  erano  stati  mossi   rilievi   di   legittimita'
costituzionale. 
    La norma in oggetto nella sua attuale  formulazione,  presenta  i
seguenti profili di illegittimita' costituzionale. 
    L'articolo 1 della legge regionale in oggetto reca una  norma  di
interpretazione autentica dell'art. 29, comma  2,  lettera  d)  della
legge regionale n. 25 del 2006 («Sino alla data di entrata in  vigore
dell'apposito  accordo  collettivo  nazionale  quadro  relativo  alla
costituzione del profilo professionale  del  personale  addetto  alle
attivita'   di   informazione   e   comunicazione   delle   pubbliche
amministrazioni al personale dell'ufficio stampa di cui all' art.  15
si attribuiscono i profili professionali dei giornalisti previsti dal
vigente Contratto collettivo nazionale  di  lavoro  dei  giornalisti,
nonche'  l'equivalente  economico  previsto  dal  medesimo  Contratto
collettivo  nazionale  di  lavoro  dei  giornalisti  per  i  relativi
profili»), stabilendo che detta disposizione si interpreta «nel senso
che l'accordo  collettivo  nazionale  quadro  e'  quello  definito  a
seguito dell'apposita sequenza contrattuale di cui alla dichiarazione
congiunta n. 8 al CCNL finzioni locali del 21 maggio 2018». 
    Nella dichiarazione congiunta  n.  8  al  CCNL  funzioni  locali,
richiamata ob relationem dalla disposizione regionale in  parola,  si
legge quanto segue: «Con riferimento all'art. 18-bis (Istituzione  di
nuovi profili per le attivita' di comunicazione e  informazione),  le
parti del presente contratto, con l'intervento della FNSI ai fini  di
quanto previsto dall'art. 9, comma 5, della legge 7 giugno  2000,  n.
150,  convengono  sull'opportunita'  di  definire,   in   un'apposita
sequenza contrattuale, una specifica regolazione di  raccordo,  anche
ai sensi dell'art. 2, comma 3 del decreto legislativo 30 marzo  2001,
n. 165, che  provveda  a  disciplinare  l'applicazione  della  citata
disposizione contrattuale nei confronti del personale  al  quale,  in
forza di specifiche, vigenti norme di legge regionale in materia, sia
stata  applicata  una  diversa  disciplina  contrattuale   nazionale,
seppure in via transitoria;  in  tale  sede,  saranno  affrontate  le
questioni  relative  alla   flessibilita'   dell'orario   di   lavoro
all'autonomia   professionale,   alla    previdenza    complementare,
all'adesione alle casse e di assistenza dei giornalisti. Le parti  si
danno inoltre atto che, in sede di Commissione di cui all'art. 11,  i
profili  di  cui  all'art.  18-bis  saranno  oggetto   di   ulteriore
approfondimento   finalizzato   ad   una   eventuale   revisione    e
specificazione del loro contenuto professionale». 
    Tanto premesso, va rilevato che l'art. 29, comma  2,  lettera  d)
della legge regionale n. 25 del 2006 individua il limite temporale di
applicazione  del  Contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro   dei
giornalisti  nell'entrata  in  vigore  «...   dell'apposito   accordo
collettivo nazionale quadro relativo alla  costituzione  del  profilo
professionale del personale addetto alle attivita' di informazione  e
comunicazione   delle   pubbliche   amministrazioni   al    personale
dell'ufficio stampa...». Al contrario, la legge regionale  in  esame,
stabilendo  che  l'accordo  collettivo  nazionale  quadro  e'  quello
definito a seguito dell'apposita sequenza contrattuale  di  cui  alla
dichiarazione congiunta n. 8 al  CCNL  funzioni  locali,  sembrerebbe
escludere l'immediata  applicazione  del  Contratto  collettivo  enti
locali sottoscritto in data  21  maggio  2018,  che  all'art.  18-bis
prevede l'istituzione e la disciplina dei nuovi profili professionali
per le attivita' di  comunicazione  e  informazione  delle  pubbliche
amministrazioni. 
    In altri termini  la  norma  regionale  in  esame  ancorche'  non
contenga, diversamente dalla legge regionale  n.  20  del  2018,  una
disciplina  specifica  relativamente  al  trattamento   economico   e
giuridico  del  profilo  professionale  del  personale  addetto  alle
attivita'   di   informazione   e   comunicazione   delle   pubbliche
amministrazioni, appare tuttavia avere un contenuto  non  limitato  a
una mera funzione interpretativa dell'art. 29, comma 2,  lettera  d),
della legge regionale n. 25 del  2006  ma  diretto  ad  innovarne  il
contenuto precettivo, posticipando  l'applicazione  delle  previsioni
del CCNL funzioni locali. 
    Ne deriva che l'art. 1 della legge regionale si pone in contrasto
con il principio generale che riserva alla contrattazione  collettiva
il trattamento economico dei  dipendenti  pubblici,  nonche'  con  la
previsione dell'art. 9, comma 5, della legge 7 giugno  2000,  n.  150
(Disciplina delle attivita' di informazione e di comunicazione  delle
pubbliche amministrazioni) - citata dalla stessa  norma  regionale  -
che  demanda  alla  contrattazione  collettiva   l'individuazione   e
regolamentazione, nell'ambito di una speciale area di contrattazione,
dei profili professionali del personale addetto  agli  uffici  stampa
delle   pubbliche   amministrazioni.   Al   riguardo   la    costante
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  ha  rilevato  che   «la
disciplina del rapporto di impiego alle dipendenze della regione e  i
profili relativi al  trattamento  economico  del  personale  pubblico
privatizzato vengono ricondotti alla materia dell'ordinamento civile,
di competenza  esclusiva  del  legislatore  nazionale,  che  in  tale
materia fissa principi che costituiscono  tipici  limiti  di  diritto
privato, fondati sull'esigenza, connessa al  precetto  costituzionale
di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel  territorio  nazionale
delle regole fondamentali di diritto che rapporti tra privati e, come
tali si impongono ...» alle regioni (sentenza n. 189 del 2007). 
    Ha poi precisato che la legge statale n. 150  del  2000,  che  ha
connotati specialita',  anche  rispetto  alla  normativa  di  cui  al
decreto  legislativo  n.  165  del  2001,  regolando  l'attivita'  di
comunicazione e  informazione  nelle  pubbliche  amministrazioni,  ha
tuttavia previsto, nel ricordato processo di contrattualizzazione del
pubblico impiego,  una  specifica  area  di  contrattazione  per  gli
addetti uffici  stampa  nella  pubblica  amministrazione,  prevedendo
l'intervento delle organizzazioni rappresentative dei giornalisti. 
    A sua volta, l'art. 40 del decreto legislativo n. 165  del  2001,
nel testo novellato dal decreto legislativo 27 ottobre 2009,  n.  150
(Attuazione  della  legge  4  marzo  2009,  n.  15,  in  materia   di
ottimizzazione  della  produttivita'  del  lavoro   pubblico   e   di
efficienza  e  trasparenza  delle  pubbliche  amministrazioni),   nel
ridurre a quattro i comparti di contrattazione  collettiva  nazionale
nel pubblico impiego, cui corrispondono non piu' di quattro  separate
aree per la dirigenza,  prevede  che  «nell'ambito  dei  comparti  di
contrattazione possono essere istituite apposite sezioni contrattuali
per specifiche professionalita'». Le  predette  disposizioni  statali
sono  espressione  della  competenza  esclusiva  dello  Stato   della
disciplina del rapporto del lavoro pubblico, anche in riferimento  al
personale di  aree  professionali  specifiche,  e  della  riserva  di
contrattazione    collettiva,    con    conseguente    illegittimita'
dell'intervento normativo regionale. «Quanto al carattere transitorio
della disciplina regionale oggetto di impugnativa,  e'  da  osservare
che il principio di riserva di  contrattazione  collettiva  non  puo'
essere derogato nemmeno in via provvisoria» (Corte costituzionale  11
aprile 2019, n. 81). 
    Alla luce delle suesposte considerazioni deve  ritenersi  che  la
norma regionale in esame, comportando  la  disapplicazione  del  CCNL
enti locali sottoscritto in data 21 maggio 2018, si pone in contrasto
con l'art. 117, secondo comma, lettera 1), Costituzione, che  riserva
alla competenza statale la materia dell'ordinamento civile,  nel  cui
ambito ricadrebbe la  regolamentazione  dei  rapporti  di  lavoro  di
diritto privato (contratti collettivi) nonche' implica una disparita'
di trattamento tra i dipendenti pubblici in violazione del  principio
di uguaglianza di cui all'art. 3 Costituzione, ponendosi altresi'  in
contrasto con i principi di  imparzialita'  e  buon  andamento  della
pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Costituzione. 
    Del resto, la dichiarazione  congiunta  n.  8  al  CCNL  funzioni
locali, richiamata ob  relationem  dalla  disposizione  regionale  in
parola lungi  dall'escludere  l'applicazione  del  medesimo  CCNL  al
personale  addetto  agli  uffici  stampa,  si  limita   a   prevedere
un'apposita sequenza contrattuale, recante «una specifica regolazione
di raccordo,  anche  ai  sensi  dell'art.  2,  comma  3  del  decreto
legislativo 30 marzo  2001,  n.  165,  che  provveda  a  disciplinare
l'applicazione della citata disposizione contrattuale  nei  confronti
del personale al quale, in forza  di  specifiche,  vigenti  norme  di
legge  regionale  in  materia,  sia  stata  applicata   una   diversa
disciplina contrattuale nazionale, seppure in via transitoria». 
    Pertanto, la disapplicazione tout court del sopra menzionato CCNL
da parte del legislatore  regionale  non  appare,  neppure  sotto  il
profilo  letterale,  compatibile  con  il  contenuto   della   citata
dichiarazione congiunta. 
    Per i motivi esposti la  norma  regionale  sopra  indicata  viene
impugnata dinanzi alla Corte costituzionale ai  sensi  dell'art.  127
Costituzione.